Ricetta riportata da Vittorio Riolfo (1963), Alba Questo saporito fagottino di fegato e carne di maiale profumato di ginepro fu uno dei tre antipasti serviti al pranzo organizzato dalla Famija Albèisa a Milano nel 1963. Un pranzo il cui menù fu un emblema della cucina popolare piemontese e che includeva anche la bagna caôda e la lingua al giardino fra gli antipasti, e poi a seguire tajarin della nonna, fonduta con tartufo d'Alba, beccaccia su crostone di polenta (unica concessione alla cucina nobile), insalata di funghi, tome fresche sott'olio e brôss, torta di nocciole con zabaione e infine frutta. La ricetta che segue è doverosamente tratta da "Il grande libro della cucina albese" redatto dalla Famija Albèisa. In piemontese la griva è il tordo, un animale che si ciba di bacche di ginepro e le cui carni, una volte cotte, ne sprigionano l'aroma. Queste grive della Langa sono come degli uccelletti scappati che, oltre che per la forma, ricordano il tordo per il profumo di ginepro. La ricetta ricorda molto i fegatelli toscani, anch'essi avvolti nella rete. Sebbene il detto "baccalà fegato e ova, più si coce più s'assoda" ci suggerisca per questa preparazione una cottura breve, la presenza della carne di maiale richiede l'ora indicata nella ricetta, poi comunque il fegato è tritato! [ingredienti per 4 persone] - 200 gr di fegato di maiale
- 200 gr di carne magra di maiale
- 2 cucchiai di pane grattugiato
- 2 uova
- sale
- pepe
- noce moscata
- parmigiano
- 20 bacche di ginepro
- omento del maiale [(rete di maiale, abbondante)]
- burro
- olio [(extra vergine d'oliva)]
Tritare due etti di fegato e due di carne magra entrambi di maiale, unirvi due cucchiai di pane grattugiato, due uova sbattute, sale, pepe, mezza noce moscata grattugiata, una buona manciata di parmigiano, venti bacche di ginepro pestate. Impastare il tutto, dividerlo a polpette. Involgere ciascuna polpetta in un pezzo di reticella del maiale. Mandare in una teglia con olio e burro e lasciare cuocere a fuoco lento per circa un'ora. |