La modalità di preparazione delle rane fritte piemontesi ricorda un po' il cervello alla fiorentina. Ad essere sincera le rane io non le ho mai cucinate, lo faceva la mia mamma. In vendita non le ho mai viste ma lei le comprava a mezze dozzine dalle donnine che, sedute su uno sgabello, le spellavano davanti ai sui occhi tra i padiglioni del mercato coperto di Novara. Alle più grosse veniva passato un filo attraverso le cosce e le rane restavano allineate sul filo, come collanine. Le più piccole si usavano per fare il brodo, quello che, quando ero piccola, si diceva che facesse tanto bene ai bambini (e pare mi piacesse molto!). Sebbene Novara sia ancora fra le risaie la tradizione si è interrotta, non ci sono più persone che le catturano né le donnine che le vendono, ora si trovano solo in alcuni ristoranti e sono quelle di allevamento. La ricetta è tratta dal libro "Codice della cucina piemontese" di Jole Richelmy. [per 4-6 persone] Mettere in un tegame le cosce nude [(spellate)] di ventiquattro rane con 60 gr di burro, il sugo di un limone, un po' di prezzemolo trito, sale, pepe. Farle rosolare qualche minuto, aggiungere due tuorli d'uovo e lasciare raffreddare. Quindi intriderle nella pasta da friggere e gettarle nell'olio bollente finché s'incrostino di un bel giallo. |